La Thailandia all’epoca della Guerra Fredda era alleata degli Stati Uniti ed era anche a capo dei paesi dell’Asia
sudorientale che si ispiravano al sistema politico e democratico occidentale. Ma da molto tempo la Thailandia
è uno dei paesi dell’Asia sudorientale dalla situazione politica più instabile. Durante i 60 anni di regno di Re
Bhumibol, ci sono stati più di venti colpi di stato, situazione piuttosto rara a livello mondiale. Gli attuali disordini
scoppiati in Thailandia hanno origine dal colpo di stato che nel settembre del 2006 ha rovesciato il governo
di Thaksin. A partire da allora, in Thailandia sono avvenuti improvvisi e inattesi cambiamenti politici e rapide
insurrezioni, e in meno di tre anni sono cambiati 5 presidenti e 5 governi. La dimensione dei disordini, la loro
durata e la gravità dei loro risultati non hanno precedenti in questa epoca storica. (Fonte Storica)
Thaksin è un leader molto controverso. Ha portato avanti una politica a favore degli interessi dei più poveri
e dei contadini, che sono la stragrande maggioranza della popolazione, realizzando la concessione di crediti
gratuiti alla gente comune e la copertura sanitaria per tutto il popolo, effettuando investimenti senza precedenti
nelle campagne, migliorando le condizioni di vita dei ceti più poveri della popolazione, e facendo sì che durante
il suo governo il divario tra i redditi di ricchi e poveri passasse da 9,3 volte a 8. La politica “verso il basso” di
Thaksin è stata accolta positivamente dalle masse, che lo vedevano come un “sostenitore dei poveri”, ma in
questo modo ha attirato l’opposizione dei ceti medi e alti, ovvero dell’élite, che lo consideravano “una spina nel
fianco”.
In seguito alla rielezione di Thaksin nel febbraio del 2005, eletto con un ampio margine di voti, i ceti medi e
alti, uniti nell’Alleanza popolare per la democrazia (detta Pad o Esercito delle camicie gialle) si sono ribellati al
premier e hanno organizzato numerose manifestazioni contro di lui, causando crisi politica e disordine sociale,
finché nel settembre del 2006 l’esercito, approfittando di una sua visita all’estero, ha realizzato un colpo di stato
e messo al bando il partito Tha Rak Thai da lui guidato. In seguito i due primi ministri eletti dal popolo, Samak
Sundaravej e Somchai Wongsawat, entrambi seguaci fedeli di Thaksin, ereditarono la sua linea politica, per
cui non furono benvoluti dall’Alleanza popolare per la democrazia. L’esercito delle camicie gialle si oppose agli
“agenti di Thaksin” organizzando numerose manifestazioni antigovernative, dando vita a una crisi politica e a
disordini sociali di dimensioni ancora più vaste e in seguito la Corte costituzionale thailandese privò i due premier
seguaci di Thaksin della loro carica politica. Ciò causò l’insoddisfazione e l’indignazione delle masse che
sostenevano Thaksin, le quali diedero vita al Fronte Unito per la Democrazia contro la dittatura (detto anche
“Esercito delle camicie rosse”) e, utilizzando le stesse armi dell’avversario, attaccarono il nuovo premier Abhisit
Vejjajiva, antagonista di Thaksin e che aveva in Parlamento sono un’esigua minoranza, organizzando numerose
intense manifestazioni antigovernative. La Thailandia è così finita nel circolo vizioso di una lotta infinita tra i
sostenitori e i detrattori di Thaksin. (Leggete il resto a questo link:
http://www.polonews.info/articoli/Cina%20e%20Asia%20orientale/20090514_tr.pdf
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Guardie armate contro le camicie rosse: cresce la tensione in Thailandia

La protesta del Fronte Unito per la democrazia e contro al dittatura dura
ormai da una settimana; dal 14 Marzo infatti le camicie rosse sono ” in
piazza” per rivendicare il diritto a nuove elezioni. I sostenitori dell’
ex-premier Thaksin Shinawatra chiedono che l’attuale leader di
Governo sciolga il parlamento e che venga indetta una nuova
consultazione elettorale. L’ultima infatti è stata tacciata di brogli,
dalle stesse camicie rosse. Abhisit Vaejjajiva che nei giorni
scorsi aveva ufficialmente aperto una posizione di dialogo con in
protestanti, subendo però un rifiuto da parte degli stessi,
non sembra volerne sapere.
Le manifestazioni anti-governative erano fino ad ora state pacifiche
e molto coreografiche: spettacolare infatti il versamento di migliaia
di litri di sangue umano davanti alla sede del governo. Nella notte di
ieri però, dopo la manifestazione nelle strade della capitale, sono
state fatti saltare in aria due ordigni, una granata lanciata contro la
sede dell’Ufficio nazionale della commissione anticorruzione e una
bomba fatta esplodere vicino al ministero della Difesa, che ha visto
il ferimento di un netturbino.
Forse anche in conseguenza di questi due atti violenti, pur con
probabili intenzioni dimostrative, il Governo Thailandese ha preso
la decisione di armare gli ufficiali di guardia alle barricate erette
per le strade di Bangkok dalle camicie rosse. Saranno solo loro
ad essere armati e non i “soldati semplici”, questo per evitare
un’ulteriore escalation della tensione tra Governo e manifestanti,
ma è fuori di dubbio che la presenza delle armi può essere vista
come una forma di coercizione da più di una persona.In ogni
caso,un colonnello, in qualità di portavoce dell’esercito ha riferito
alla stampa che ”Il governo è preoccupato per l’attuale situazione”,
anche da qui la decisione di dotare di armi gli ufficiali di guardia.
Il premier Vaejjajiva, tra l’altro, cosa che infastidisce non poco le
camicie rosse, rifiuta il dialogo diretto, utilizza cioè un mediatore.
Quest’ultimo è però sistematicamente respinto dagli anti-governativi
che pretendono invece di parlare direttamente con “l’interessato”.